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al testo di Diego Bello
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Fosse noia mortale che s’appressa all’ombra stanca di parole vuote da briciole di sole fugga – in dote all’occhio – e travi senza voce tessa. Cominci il sorgere d’inverno cupo verso uno stagno di speranza imbelle con quella rosa fragile di pelle chiara, scavato un solco in un dirupo. Sento alla fonte ancora che zampilla remoto il tuo sorriso che non sciupo e bruci tra le mani come stella che nella terra arsa più non brilla. Del proprio sangue si disseta il lupo e stringe l’osso dentro le budella.
Secondo sonetto sulla lontananza a rime incrociate e ripetute: ABBA, CDDC, ECF, ECF |
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